Venerdì 9 ottobre alle ore 21,00
Presso la Sala parrocchiale di Pila (PG)
Incontro su Ideologia gender e “Buona scuola”
Sono Intervenuti:
Dr. Antonio Margiotta, Presidente Centro di Bioetica Fileremo
Prof. Giovanni Stelli, filosofo
Prof. Francesco Vitelli, avvocato
Per risolvere il quesito di questi giorni, e cioè se l’ideologia gender è entrata nelle scuole italiane attraverso il c.d. decreto della “buona scuola” (Legge 107 del 15 luglio 2015) a mio avviso dobbiamo partire da un documento, ormai risalente al 2010: si tratta di un manuale preparato dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS (che ha avviato il progetto nel 2008) e realizzata dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute (BZgA) di Colonia (nel 2010), un centro di collaborazione dell’OMS per la salute sessuale e riproduttiva. Questo manuale (la cui edizione italiana è stato promosso e finanziato dalla Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica) doveva costituire un “quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti.” Nell’ottica della “Regione Europa” dell’OMS questo documento nasceva dalla necessità di standards per l’educazione sessuale nella suddetta regione e doveva essere la risposta alle “sfide riguardanti la salute sessuale (così si legge testualmente nella prefazione del documento): tassi crescenti di HIV e altre infezioni sessualmente trasmesse (cd. “IST”), gravidanze indesiderate e violenza sessuale.
Il documento in oggetto, sicuramente di non facile lettura, vuole introdurre l’educazione sessuale cd. “olistica”. Il termine, coniato nei primi anni del secolo scorso, deriva evidentemente da olismo, una posizione teorica basata sull’idea che le proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti. Lo potremmo, quindi, spiegare con il termine totale (anche se in modo un po’ riduttivo) , in funzione del quale si prevede un’educazione sessuale dagli 0 anni in poi, e che si traduce, per brevità, (per completezza si rimanda al documento) per i bimbi dagli 0 ai 4 anni in informazioni, tra l’altro, sulla “masturbazione infantile precoce”, mentre gli educatori devono anche metterli in grado di esprimere i propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”»; dai quattro a sei anni nella scoperta anche dell’«amore verso persone dello stesso sesso», e così via per fasce di età, tant’è che tra sei e nove anni dovranno essere fornite informazioni sui ”cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione”, facendo conoscere loro «i diversi metodi contraccettivi», e addirittura tra nove e dodici anni dovranno essere comunicati i “rischi e le conseguenze delle esperienze sessuali non protette”, sino ad arrivare, tra i dodici ed i quindici anni, ad informare concetti quali “pianificazione familiare”, “impatto della maternità in giovane età”, “presa di decisioni”, “gravidanze anche in relazioni omosessuali”, “prostituzione e pornografia”, e soprattutto si dovrà avvertirli di stare in guardia “dall’influenza della religione sulle decisioni riguardanti la sessualità”.
Tale approccio, secondo le intenzioni degli autori, dovrebbe “sviluppare atteggiamenti rispettosi ed aperti che favoriscono la costruzione di società eque” (così letteralmente nel documento) come se il problema dell’equità e della giustizia fosse avulso dalla formazione della coscienza dell’individuo che si realizza nel primo ambito sociale dell’esistenza, e cioè la FAMIGLIA.
Le conseguenze del documento sono uno spostamento dell’educazione sessuale dalla famiglia a quella “formalizzata”, tra cui la scuola, ove gli standards di cui al documento citato, dovrebbero offrire un supporto concreto nella definizione di idonei programmi curriculari (cfr. prefazione), l’insegnamento di una sessualità disgiunta dalla riproduzione e finalizzata evidentemente unicamente al piacere personale, in cui ogni individuo deve voler gestire una propria sessualità in maniera distaccata da ogni forma di sentimento.
Sempre nell’anno 2010 veniva emanata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, una raccomandazione nel cui art. 31 si legge : “Tenendo nel debito conto l’interesse superiore del fanciullo, gli Stati membri dovrebbero adottare le misure legislative o di altro tipo appropriate, destinate al personale insegnante e agli allievi, al fine di garantire l’effettivo godimento del diritto all’istruzione, senza discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere; ciò comprende in particolare il rispetto del diritto dei bambini e dei giovani all’educazione in un ambiente scolastico sicuro, al riparo dalla violenza, dalle angherie, dall’esclusione sociale o da altre forme di trattamenti discriminatori e degradanti legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere.”
Ed ancora all’art. 32: “Tenendo nel debito conto l’interesse superiore del fanciullo, dovrebbero a tale scopo essere adottate misure appropriate a ogni livello per promuovere la tolleranza e il mutuo rispetto a scuola, a prescindere dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. Tali misure dovrebbero comprendere la comunicazione di informazioni oggettive sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e nel materiale didattico, nonché la fornitura agli alunni e agli studenti delle informazioni, della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere. Gli Stati membri potrebbero inoltre predisporre e attuare politiche scolastiche e piani d’azione per promuovere l’uguaglianza e la sicurezza e garantire l’accesso a formazioni adeguate o a supporti e strumenti pedagogici appropriati per combattere la discriminazione. Tali misure dovrebbero tenere conto del diritto dei genitori di curare l’educazione dei propri figli.”
La predetta raccomandazione, sul piano strettamente giuridico non vincolante, comporta, seppur a livello propositivo, un’ingerenza nella scelta educativa dello stato membro, nel momento in cui sollecita la comunicazione di informazioni OGGETTIVE (e qui si dovrebbe aprire un ampio dibattito sull’oggettività realizzata in concreto, come si dirà più avanti) sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
l’Attuazione del progetto di cui alla raccomandazione citata in Italia è affidata all’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari opportunità, lo stesso che ha prodotto linee guida per informazione rispettosa delle persone LGBT documento denominato “STRATEGIA NAZIONALE PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLE DISCRIMINAZIONI BASATE SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE E SULL’IDENTITÀ DI GENERE 2013 – 2015” cui hanno partecipato unicamente associazioni LGBT.
Nell’ambito scolastico gli obiettivi indicati nel suddetto documento sono:
a.ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT;
Svolta questa doverosa, seppur sintetica premessa, possiamo evidentemente riflettere su quello che è il contenuto dell’art.16 della legge 107/2015 (c.d. buona scuola); infatti laddove leggiamo che il piano triennale dell’offerta formativa assicura i principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di OGNI ORDINE E GRADO l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, a al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 dobbiamo far riferimento anche ai documenti prima menzionati.
Pertanto ci troveremo di fronte, ed in alcuni casi il futuro è già presente, al tentativo di adottare testi sin dalla scuola materna dove proprio in funzione di quelle linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT i generi non sono più circoscritti all’uomo e alla donna, ma anche dove uomo e donna non sono legati al sesso anatomico, e dove il genere è legato strettamente alla sfera volitiva individuale.
A tal fine ci si deve domandare se un tale assetto normativo possa significare, in qualche modo, una messa in disparte ovvero un ruolo minore dei genitori nel percorso educativo – formativo dei propri figli. Anche in questo caso la risposta non è di facile lettura in quanto necessita di avere ben chiari alcuni concetti, a partire dal cd. Piano di Offerta Formativa (cd. POF).
Per esemplificare potremmo dire che il Piano dell’offerta formativa è la presentazione ufficiale della scuola: con esso dovrebbero essere illustrate le linee distintive dell’istituto, l’ispirazione culturale-pedagogica che lo muove, la progettazione curricolare, extracurricolare, didattica ed organizzativa delle sue attività.
Grazie alla legge 28 marzo 2003 n.53 e al successivo D.Lgs. n. 59 del 19 febbraio 2004, si è conferito alle scuole uno strumento di flessibilità: attraverso l’elaborazione annuale dei Piani dell’Offerta Formativa le istituzioni scolastiche si possono dotare di percorsi formativi individualizzati e caratterizzanti (i piani di studio personalizzati) che, pur aderendo agli obiettivi generali ed educativi definiti a livello nazionale, raccolgono e rispondono alle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico in cui le scuole operano, ovvero vogliono operare.
L’autonomia delle scuole si esprime nel POF attraverso la descrizione, tra l’altro, delle discipline e delle attività liberamente scelte della quota di curricolo loro riservata, delle possibilità di opzione offerte agli studenti e alle famiglie, delle discipline e attività aggiuntive nella quota facoltativa del curricolo, delle azioni di continuità, orientamento, sostegno e recupero corrispondenti alle esigenze degli alunni concretamente rilevate, dell’organizzazione adottata per la realizzazione degli obiettivi generali e specifici dell’azione didattica dei progetti di ricerca e sperimentazione.
Il Consiglio d’Istituto è l’organo collegiale (D.P.R. 416/1974), demandato all’adozione del Piano dell’Offerta Formativa, ed ha anche potere decisionale sulla programmazione delle attività di recupero, delle attività extrascolastiche e dei viaggi d’istruzione, oltre a poter esprimere pareri sull’andamento generale della scuola.
Il Consiglio di Istituto è formato da rappresentanti degli studenti (per le scuole secondarie di secondo grado), rappresentanti degli insegnanti, rappresentanti dei genitori e rappresentanti del personale ATA, mentre il dirigente scolastico ne fa parte come membro di diritto.
Ecco che allora inizia ad emergere un nuovo modo per i genitori di relazionarsi con il sistema scuola, che deve essere necessariamente più attivo e oggetto di una più ampia discussione, soprattutto nell’eleggere proprio quei rappresentanti che potranno, successivamente, come si è già verificato in concreto, costituire un valido baluardo contro l’adozione di qualsiasi attività, sia essa curriculare che extra curriculare, riconducibile all’introduzione dell’ideologia gender.
In tal senso è di fondamentale importanza capire, attraverso un confronto critico – costruttivo con il corpo docenti, anche la posizione dell’insegnante su tale materia.
Ed ancora.
Ogni genitore ha la possibilità di richiedere preventivamente di essere informato di qualsiasi attività didattica, inerenti questioni fisiche o morali connesse alla sfera affettiva e sessuale dei propri figli, una descrizione dettagliata e completa dell’attività e del suo svolgimento, il tutto finalizzato ad avere quelle informazioni necessarie per esprimere il proprio consenso ovvero il proprio dissenso alla partecipazione del proprio figlio, chiedendo in tal caso l’esonero da tale attività con possibilità di frequentare un’attività alternativa.
In sintesi, pertanto, quello che si può consigliare ad ogni genitore è di avere un ruolo più partecipativo che non necessariamente deve essere antitetico all’Istituzione, ma anzi più propositivo ed interessato, ancorché critico laddove il superiore interesse del proprio figlio lo renda necessario.